La denominazione Quattro Capi venne data al Pons Fabricius per due erme a quattro teste, due barbute e due imberbi, forse rappresentanti Giano, collocate all’inizio del ponte. Il Pons Fabricius, detto anche Pons Fabrici o Pons Iudaeorum per la sua vicinanza al Ghetto ebraico, collega tuttora l’isola Tiberina alla sponda sinistra del Tevere; venne edificato da L. Fabricius, curator viarum nel 62 a.C. (Cass. Dio 37.45.3) e restaurato nel 21 a.C. da Q. Lepidus e M. Lollius dopo la piena del 23 (Cass. Dio 53.33.5). Le iscrizioni su entrambi le facciate delle due arcate, perfettamente visibili, ci confermano Lucio Fabricio come costruttore del ponte:
Tecnicamente le erme avrebbero dovuto sorreggere un parapetto o una balaustra, forse in bronzo, ma probabilmente vennero aggiunte nel XVI secolo durante un restauro. Una tradizione però racconta un’origine diversa: quando Sisto V decise di far restaurare il ponte, assegnò il compito a quattro architetti, i quali durante i lavori furono perennemente in contrasto per futili motivi, dando scandalo; finiti i lavori, il papa face giustiziare i quattro davanti al ponte, collocandovi le sculture con i loro quattro volti a monito dell’episodio. Ciascuna delle quattro teste da le spalle alle altre tre: coloro che furono in discordia in vita, vennero condannati a condividere lo stesso spazio per l’eternità.
La tradizione è riportata da Giggi Zanazzo, poeta romanesco, antropologo e studioso degli usi e costumi del popolo romano:
“Come saperete tutti, Sisto Quinto, che regnò ccinque anni, fece fa’ ccinque strade, cinque funtane, cinque guje, cinque ponti, e llassò ccinque mijoni drento Castello. Uno de li ponti che ffece arifa’ fu quello chiamato ponte Quattro capi. E lo volete sape’ ssì pperché sse chiama accusì?
Perché ddice ch’er papa fece rifa’ quer ponte che stava pe’ ccasca’, da quattro bbravi architetti, che, ttramente lo staveno a llavora’, vìnnero a quistione tra dde loro ar punto tale, che cciamancò un tòmbolo d’un pidocchio che nun ce scappasse l’ammazzato.
Saputa ‘sta cosa da Sisto Quinto, che, ccome saperete, ce n’aveva poche spicce, fece agguanta’ ttutt’e quattro l’architetti e ddetto un fatto te jè fece taja’ la testa sur medemo ponte, e jè le fece aspone llì. Poi, sempre per ordine der papa, quele quattro teste furno fatte fa’ dde pietra, e ffurno mésse accusì scorpite, da capo ar ponte indove incora ce stanno e cche j’hanno dato er nome de ponte Quattro Capi.”
Ultimi studi hanno dato nuove ipotesi per la provenienza delle erme: innanzitutto dovevano essere quattro, di cui due visibili sulle balaustre del ponte, una inserita nel monumento a Giuseppe Gioacchino Belli in piazza Belli, a Trastevere, e un’altra, in pessimo stato di conservazione, ritrovata in un giardino del Museo Nazionale Romano. Le quattro erme, di stesse dimensioni e tutte con delle lunghe scanalature verticali su due lati contigui, dovevano originariamente delimitare un’area sacra quadrangolare, probabilmente dedicata al culto di Giano, e sorreggere delle lastre marmoree o una cancellata. Un tempio di Giano sembra individuabile nelle vicinanze del Teatro di Marcello (Liv. 1.19.2; Serv. Aen. 7.607), esattamente sotto la chiesa di San Gregorio della Divina Pietà; un ulteriore indizio per il posizionamento dell’aedes potrebbe essere il nome medievale della chiesa, Sancti Gregorii de Quattro Capora o ad Quatuor Capita, ricordato già dal XV secolo, prima quindi del restauro del vicino Pons Fabricius e della nuova denominazione, confermando l’ipotesi della presenza delle quattro erme nelle prossimità del ponte. Le stesse potrebbero essere databili all’età tiberiana.
Fonti:
Zanazzo G., Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma
De' Spagnolis M., “Isola Tiberina, sulle erme quadrifronti del pons Fabricius”, in Boll. Arch., 1993, pp. 95-103
Hülsen C., Chiese di Roma nel Medio Evo
L(ucius) Fabricius C. f. cur(ator) viar(um) faciundum coeravit
nonché collaudatore: Idemque probavit.
Una terza iscrizione attesta la nuova probatio del monumento nel 21 a.C.: Q. Lepidus M’. f. M. Lollius M. f. Cos. ex S(enato) C(onsulto) probaverunt.
Tecnicamente le erme avrebbero dovuto sorreggere un parapetto o una balaustra, forse in bronzo, ma probabilmente vennero aggiunte nel XVI secolo durante un restauro. Una tradizione però racconta un’origine diversa: quando Sisto V decise di far restaurare il ponte, assegnò il compito a quattro architetti, i quali durante i lavori furono perennemente in contrasto per futili motivi, dando scandalo; finiti i lavori, il papa face giustiziare i quattro davanti al ponte, collocandovi le sculture con i loro quattro volti a monito dell’episodio. Ciascuna delle quattro teste da le spalle alle altre tre: coloro che furono in discordia in vita, vennero condannati a condividere lo stesso spazio per l’eternità.
La tradizione è riportata da Giggi Zanazzo, poeta romanesco, antropologo e studioso degli usi e costumi del popolo romano:
“Come saperete tutti, Sisto Quinto, che regnò ccinque anni, fece fa’ ccinque strade, cinque funtane, cinque guje, cinque ponti, e llassò ccinque mijoni drento Castello. Uno de li ponti che ffece arifa’ fu quello chiamato ponte Quattro capi. E lo volete sape’ ssì pperché sse chiama accusì?
Perché ddice ch’er papa fece rifa’ quer ponte che stava pe’ ccasca’, da quattro bbravi architetti, che, ttramente lo staveno a llavora’, vìnnero a quistione tra dde loro ar punto tale, che cciamancò un tòmbolo d’un pidocchio che nun ce scappasse l’ammazzato.
Saputa ‘sta cosa da Sisto Quinto, che, ccome saperete, ce n’aveva poche spicce, fece agguanta’ ttutt’e quattro l’architetti e ddetto un fatto te jè fece taja’ la testa sur medemo ponte, e jè le fece aspone llì. Poi, sempre per ordine der papa, quele quattro teste furno fatte fa’ dde pietra, e ffurno mésse accusì scorpite, da capo ar ponte indove incora ce stanno e cche j’hanno dato er nome de ponte Quattro Capi.”
Ultimi studi hanno dato nuove ipotesi per la provenienza delle erme: innanzitutto dovevano essere quattro, di cui due visibili sulle balaustre del ponte, una inserita nel monumento a Giuseppe Gioacchino Belli in piazza Belli, a Trastevere, e un’altra, in pessimo stato di conservazione, ritrovata in un giardino del Museo Nazionale Romano. Le quattro erme, di stesse dimensioni e tutte con delle lunghe scanalature verticali su due lati contigui, dovevano originariamente delimitare un’area sacra quadrangolare, probabilmente dedicata al culto di Giano, e sorreggere delle lastre marmoree o una cancellata. Un tempio di Giano sembra individuabile nelle vicinanze del Teatro di Marcello (Liv. 1.19.2; Serv. Aen. 7.607), esattamente sotto la chiesa di San Gregorio della Divina Pietà; un ulteriore indizio per il posizionamento dell’aedes potrebbe essere il nome medievale della chiesa, Sancti Gregorii de Quattro Capora o ad Quatuor Capita, ricordato già dal XV secolo, prima quindi del restauro del vicino Pons Fabricius e della nuova denominazione, confermando l’ipotesi della presenza delle quattro erme nelle prossimità del ponte. Le stesse potrebbero essere databili all’età tiberiana.
Fonti:
Zanazzo G., Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma
De' Spagnolis M., “Isola Tiberina, sulle erme quadrifronti del pons Fabricius”, in Boll. Arch., 1993, pp. 95-103
Hülsen C., Chiese di Roma nel Medio Evo