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Sono un archeologo, laureato in Topografia di Roma antica, da sempre affascinato dalla Città Eterna.
In queste pagine proverò a raccontarvi Roma, attraverso l'archeologia, la storia e la tradizione.

Il nome di Roma

Roma. La città eterna. L’Urbe.
La nostra città, nella sua trimillenaria storia, è stata rispettata, invidiata, lodata e denigrata, onorata e razziata; un’alternanza di atteggiamenti che hanno dato la possibilità e la capacità di studiare e conoscere Roma in innumerevoli forme e modi. Tradizioni, racconti, fonti storiche e memoria collettiva ci hanno permesso di tramandare la storia della città.
Nonostante ciò, una delle più grandi questioni approfondite dagli studiosi è quella del nome di Roma: sulla bocca di tutti i popoli, non è tuttora chiara l’etimologia della città più famosa del mondo.
Roma.


Quando gli storici antichi cominciarono ad interrogarsi sull’origine e sul significato del nome di Roma, i fili della memoria storica erano già recisi e le interpretazioni si accumularono contraddicendosi.
Plutarco, lo storico greco vissuto tra il I e il II secolo d.C., è forse l’autore antico che più ci fornisce informazioni, o per meglio dire ipotesi, sull’etimologia del nome Roma, e nelle sue Vite Parallele ci elenca una serie di elementi che potrebbero essere alla radice del termine, in parallelo con alcune informazioni tramandateci da Dionigi d’Alicarnasso:
-  la fondazione di Roma sarebbe dovuta al popolo dei Pelasgi, che una volta giunti sulle coste del Lazio avrebbero fondato una città il cui nome ricordasse la loro prestanza nelle armi: rhome (Plut. Rom. 1.1);
-  guidati da Enea, i profughi troiani arrivarono sulle coste del Lazio, dove fondarono una città presso il colle Pallantion a cui diedero il nome di una delle loro donne, la quale aveva convinto le compagne a bruciare le navi per smettere di vagabondare: il suo nome era Rhome (Plut. Rom. 1.2-3; Dion. Hal. 1.72.2);
-  una donna, figlia di Italo re degli Enotri e Leucaria, oppure figlia di Telefo e nipote di Eracle, la quale sposò Enea o suo figlio Ascanio: il suo nome era Rome (Plut. Rom. 2.1);
-  Roma venne fondata dal figlio di Odisseo e di Circe: Romanus (Plut. Rom. 2.1);
-  Roma venne fondata dal figlio del troiano Emazione, inviato dall’eroe greco Diomede: il suo nome era Romo (Plut. Rom. 2.1);
-  gli Etruschi, giunti in Italia dalla Tessaglia attraverso la Lidia, furono respinti dal tiranno dei Latini: Romide (Plut. Rom. 2.1);
-  Romos, Romylos e Telegonos fondarono una città che richiamava il nome della loro madre, profuga troiana giunta nel Lazio e sposatasi con il re Latino, figlio di Telemaco: il suo nome era Rome (Plut. Rom. 2.1; Dion. Hal. 1.72.5).
In tutte le versioni appare quindi chiara la stessa radice, collegabile all’eponimo Rome, derivando l’etimologia dalla parola greca ρώμη (ròme), il cui significato è “forza”. L’ipotesi può essere avvalorata da un altro passo di Plutarco: sulle rive di un’insenatura del Tevere sorgeva un fico selvatico chiamato Ruminalis, dal nome di Romolo, dal ruminare degli animali o perché i gemelli vi furono allattati; gli antichi latini chiamavano infatti ruma la mammella, fonte simbolica di nutrimento e vita, quindi di “forza” (Plut. Rom. 4.1; Serv. Aen. 8.90).


Fonti più tarde identificano la stessa Rome come figlia di Ascanio e nipote di Enea: “…Ascanio natam Aeneae neptem appellationis istius causam fuisse…” (C. Iulii Solini, Collectanea Rerum Mirabilium 1.4).


Servio (Aen. 8.63) ricollega il termine Roma a Rumon, che dice essere uno dei più antichi nomi del Tevere, avente radice analoga a quella del verbo greco ῥέω (rèo) e del verbo latino ruo, che significano “scorrere, muovere”.
Interessante anche il collegamento con l’ipotesi di Plutarco, sul concetto della “forza”: prima dell’arrivo di Evandro, la città fu chiamata Valentia (“forza, vigore”) e successivamente Roma con il nome greco (Serv. Aen. 8.63: “…Romam ante adventum Evandri diu Valentiam vocitatam, sed post graeco nomine Romen vocitatam…”). 


Ioannes Lydus Laurentius, scrittore bizantino vissuto nel V secolo, ci tramanda che i nomi di Roma erano addirittura tre (De mens. 4.50):
-  uno civile e profano, reso pubblico: Roma;
-  uno sacro: Flora o Florens, la Fiorente, usato solo nelle cerimonie religiose;
-  uno arcano e segreto: Amor, cioè la parola Roma letta da destra verso sinistra; il nome segreto non poteva essere pronunciato o scritto, ma trasmesso oralmente da una ristretta cerchia di iniziati: potrebbe essere affascinante non escludere completamente l’ipotesi di una trasmissione orale sopravvissuta fino ai giorni nostri.
L’autore fa anche riferimento all’Amaryllida urbem di Virgilio (Ecl. 1.5), forse un’altra delle misteriose denominazioni di Roma.
La lettura del nome di Roma da destra a sinistra era conosciuta però fin dall’antichità, come dimostra un graffito trovato sulla parete di una casa di Pompei e nella caserma dei Vigili di Ostia, databile all’età adrianea: Roma olim milo Amor.


Giovanni Pascoli, nel suo Inno a Roma centinaia di anni dopo, sembra tramandare questa tradizione dei tre nomi: “O, ma qual nome ora, de’ tuoi tre nomi, dirà l’Italia? Il nome arcano è tempo che si riveli, poi ch’è il tempo sacro […] Amor! Oh! L’invincibile in battaglia! Oh! Tu che alberghi nei tuguri agresti! […] Riguarda quei villaggi di capanne, quelle capanne squallide di stoppia, o Flora! […]”


Fonti:
Plutarco, Vite Parallele
Dionigi D'Alicarnasso, Antichità Romane

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